Deliver at all costs, la dura vita del corriere postale tra consegne pazze e una città… friabile

Un videogioco che rende omaggio ai grandi classici del genere arcade, con dinamiche ludiche semplici ma al contempo magnetiche

Il periodo storico attuale – anzi, andando a ritroso possiamo anche dire l’ultima decade – rappresenta un momento molto particolare per mondo dei videogiochi. Un frangente in cui osare non è una pista facilmente percorribile, considerando i grandi costi che sviluppare un videogioco porta in dote con sé.

Ecco dunque spiegato il proliferare di sequel di grandi titoli che si sono contraddistinti nel tempo, tra produzioni a carattere sportivo (con le novità stagionali in questo caso) e franchise che invece proseguono a testa bassa per la loro strada, battendo una pista che già precedentemente ha dato loro soddisfazioni. O ancora delle antologie e delle remaster, che riportano sugli schermi produzioni più o meno datate che hanno avuto un buon riscontro di pubblico al loro primo passaggio sul mercato.

Ovviamente non stiamo parlando del nulla assoluto per quanto concerne i progetti inediti, considerando che anche nel 2025 c’è chi ha il coraggio di osare. Alla domanda “chi?” la risposta è “Deliver at all costs”, un gioco che parte da presupposti semplicissimi e promette di intrattenere alla grande.

DELIVER AT ALL COSTS, LA SEMPLICITÀ MAGNETICA DEI VIDEOGIOCHI ARCADE

Cosa deve fare un videogioco per risultare appetibile al grande pubblico? Non esiste la ricetta giusta, e la storia di questo medium lo insegna. La differenza la fanno le idee e il loro uso all’interno del gameplay, nella ricerca spasmodica di quel bilanciamento in grado di generare la magia.

Deliver at all costs fa una cosa molto semplice: guarda alla contemporaneità, estraendo dal cilindro il coniglio. Di cosa, al giorno d’oggi, non possiamo proprio fare a meno? Di tante cose, certo, ma tra queste sicuramente il sistema di consegne a domicilio spicca per comodità e utilità. Farsi recapitare i prodotti acquistati online direttamente a casa propria, che siano oggetti o molto più semplicemente la cena, è un lusso che fino a qualche tempo fa costava un bel po’.

I tempi cambiano, e ovviamente i videogiochi prendono spunto adattandosi di conseguenza. In Deliver at all costs si vestono i panni proprio di un corriere, un ragazzo di ventiquattro anni con tanti sogni da realizzare ma anche con la necessità di guadagnarsi un gruzzoletto di soldi. E per farlo sceglie proprio la carriera di corriere.

Una piccola epopea che non mancherà di riservare sorprese, all’interno di un’ambientazione americana di fine anni ’50 fortemente stilizzata e sicuramente sui generis. Per non dire totalmente folle, considerando i personaggi che si incontreranno e la tipologia di consegne da portare a termine nel corso dell’avventura.

PHOTO CREDIT: "Deliver at all costs", Far Out Games, Konami

VIETATO PRENDERSI SUL SERIO

Deliver at all costs è un gioco che non prova minimamente a prendersi sul serio, e che mette in mostra fin da subito il proprio spirito fortemente goliardico e spinto verso il genere arcade. Nessuna ricerca del fotorealismo né di dinamiche che possano in qualche modo richiamare la realtà. Il titolo sviluppato da Far Out Games e prodotto da Konami spinge con decisione verso eccessi su tutta la linea.

L’anima di questa produzione viene messa in mostra praticamente da subito, quando, nei panni del nostro alter ego digitale, ci sposteremo in lungo e in largo per St. Monique, la città che fa da sfondo all’avventura. Gli elementi dello scenario che cedono con estrema friabilità al contatto con i veicoli che guideremo (con visuale isometrica dall’alto, con la giusta strizzata d’occhio allo spirito dei primi GTA) spinge in un pericoloso vortice distruttivo che genera assuefazione.

Non bisogna però dimenticare i compiti da portare a termine, e la particolarità delle diverse consegne spingerà ad andare avanti anche semplicemente per scoprire quale sarà la follia successiva in cui gli sviluppatori ci catapulteranno. Un gioco che è come quel pacco di patatine in cui “una tira l’altra”. E questo nonostante una dinamica di gioco che non offre sostanziali variazioni sul tema nel corso di tutta l’avventura, ma che riesce comunque a tenere incollati allo schermo.

Non stiamo ovviamente parlando di una produzione tripla A. Questo vuol dire, principalmente, una grafica che sfrutta sostanzialmente poco le tecnologie delle console di ultima generazione attestandosi su un livello discreto. C’è da sottolineare (qualora non fossimo stati chiari in precedenza) come però il gioco non provi mai realmente a prendersi sul serio. E questo suo spirito “leggero” permette di volergli bene abbondantemente anche a fronte di qualche piccola magagna tecnica su cui si soprassiede senza troppi patemi d’animo. Un po’ come quando si riceve con qualche bozzetto che desta preoccupazione, salvo poi rivelare un contenuto intonso.

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