Ecco l'evento che ha trionfato a Venezia: l'autobiografismo di Annie Ernaux come memoria, testimonianza e lotta

Con il Leone d’oro a L’événement di Audrey Diwan la settima arte rende onore al coraggioso romanzo di Ernaux, puntando l’attenzione sull’argomento dell’aborto

Scegliere la via più difficile: perché proprio L’Evento

I tempi sono maturi perché il premio più importante della Mostra del cinema di Venezia venga assegnato al coraggioso film – diretto da una giovane regista, fattore non irrilevante – L’événement, adattamento dell’omonimo romanzo di una delle voci più autorevoli del panorama letterario contemporaneo, Annie Ernaux. Materiale, quello di Ernaux, difficilissimo da maneggiare: una giovane studentessa universitaria si trova a gestire una gravidanza indesiderata. Quella ragazza è Annie Ernaux stessa. Siamo in Francia, è il 1963, e l’aborto è illegale. Dal senso di spaesamento all’apatia, dall’ambiguità dei medici alla vicinanza di figure che si rivelano solo comparse in un viaggio individuale e solitario. Ma la solitudine narrata da Ernaux è una solitudine profondamente collettiva, nella quale tante donne si sono riconosciute e possono ancora riconoscersi in quanto protagoniste di una fetta di realtà rimasta a lungo nascosta nelle pieghe della Storia.
Non deve esser stato facile, per la regista, confrontarsi con un testo autobiografico di questa portata, all’interno del quale convergono questione politiche e sociali ancora oggi spinose e divisive. La letteratura tutta – che si tratti di biografia, memoir, narrativa, fiction e non – può e deve essere sempre generatrice di nuovi orizzonti di comprensione della realtà. Che lo faccia attraverso la testimonianza e la memoria o attraverso l’invenzione, la parola scritta sublima esperienze, dolori e speranze, ed è questo che Annie Ernaux è riuscita a comprendere e, a modo suo, a sfruttare al meglio. Come lei stessa ha detto, «forse il vero scopo della mia vita è soltanto questo: che il mio corpo, le mie sensazioni e i miei pensieri diventino scrittura».

Se la letteratura è testimonianza del passato, sarà strumento del pensiero critico per il futuro

Ciò che Ernaux ha voluto fare con i suoi scritti, e in particolare con L’evento, è stato rendere condivisibile e universale un contenuto individualmente significativo come l’esperienza dell’aborto. Quel che troviamo ne L’evento non è rilevante solo a livello contenutistico, poiché un romanzo non è semplicemente il messaggio che porta, ma soprattutto a livello formale: è l’uso parco e misurato delle parole che permette al lettore di penetrare nella carne e nella testa della protagonista di questa dolorosa storia, assecondando la più profonda immedesimazione. Inoltre, non c’è idealizzazione né spettacolarizzazione della sofferenza – e questo è stato certamente uno degli aspetti più difficili da gestire a livello cinematografico. È proprio di fronte a questo tipo di testimonianza che capiamo quanto a fondo la letteratura riesca ancora a lottare e vincere contro il tempo, contro l’appiattimento: i romanzi di Ernaux, sebbene affondino le loro radici in un’esperienza radicalmente privata e personale, riescono a comunicare l’urgenza di conoscere la realtà in maniera critica, di prendere una posizione. In questo senso, saranno più che esaustive poche righe tratte da L’evento:
«Che la clandestinità in cui ho vissuto quest’esperienza dell’aborto appartenga al passato non mi sembra un motivo valido per lasciarla sepolta. Tanto più che il paradosso di una legge giusta è quasi sempre quello di obbligare a tacere le vittime di un tempo, con la scusa che “le cose sono cambiate”. Ciò che è accaduto resta coperto dallo stesso silenzio di prima».
Annie Ernaux, classe 1940, è un modello di letteratura attiva, viva, personale e collettiva, in dialogo con i tempi. Non è un caso, infatti, che le sue parole vengano accolte e acclamate dalle nuove generazioni, le quali imparano a leggere il mondo in maniera mai passiva.

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