Gradius Origins, l’antologia nostalgica che sfida generazioni di videogiocatori

Il rispolvero di grandi classici da parte di Konami, con un pacchetto di titoli d’altri tempi che riportano sulla scena quantità e qualità

Quando oggigiorno si parla di videogiochi spesso si pensa, erroneamente, a un medium che ha alle spalle un quarto di secolo, magari un trentennio di carriera. Che i tempi corrano in maniera insensata è un dato di fatto, ma pensare che il videogioco abbia oltre cinquant’anni sul groppone fa un certo effetto.

L’inizio della diffusione mainstream la si fa coincidere con l’arrivo di “Pong”, approdato sulla scena dapprima in formato cabinato nel 1972 e poi in versione console dedicata nel 1975. Lo storico “simulatore di ping pong” (definizione che si addiceva per l’epoca, ma di certo ben più difficile da digerire oggi, in virtù della sua “essenzialità” grafica, ndr) ha dato il là a un’industria che è cresciuta progressivamente e in maniera esponenziale.

Ogni singolo videogioco ha fatto la sua parte in un mosaico dinamico e in costante movimento, con le nuove tecnologie che permettevano, di volta in volta, passi in avanti importanti. Se oggi possiamo godere di produzioni di altissimo livello lo si deve quindi in sostanza ai pionieri che hanno osato in passato.

Ed è più che giusto riscoprirli, quei grandi classici che hanno segnato le epoche. Ben vengano dunque operazioni come quella di “Gradius Origins”, un titolo che va a ripescare un franchise targato Konami che si erse a simbolo degli sparatutto a scorrimento, riportandolo sugli scaffali in questo 2025. Un’iniziativa che si muove tanto in direzione dei nostalgici, pronti a fare un tuffo nei ricordi, quanto per le nuove generazioni, che vogliono invece confrontarsi con una tipologia di gameplay molto diversa da quella a cui l’industria contemporanea ci ha abituati oggigiorno.


GRADIUS ORIGINS: UN TITOLO, SETTE VIDEOGIOCHI

La prima sottolineatura importante che va fatta in merito a Gradius Origins è relativa ai contenuti. Il titolo si compone di un’interessante antologia di videogiochi che hanno fatto la fortuna del franchise nel corso dei decenni. Tra le produzioni incluse troviamo:

- Gradius

- Gradius II - GOFER no Yabo

- Gradius III

- Salamander

- Salamander 2

- Salamander III

- Life Force


Sette titoli diversi che riescono a trasmettere l’appeal di una generazione passata di videogiochi. Ma che, al contempo, rappresentano una lezione importante in materia di medium videoludico soprattutto nel campo della sperimentazione. Al giorno d’oggi è sempre più raro – ma non impossibile – assistere a “fuoripista” coraggiose da parte degli addetti ai lavori. I costi di produzione dei videogiochi sono lievitati in maniera importante, in linea con la mole di lavoro necessaria per portarli sugli scaffali, e non permettono più azzardi che potrebbero costare milioni di dollari.

Certo, nemmeno in passato si trattava di passeggiate di salute, per quanto l’impalcatura tecnica e i tempi di lavorazione fossero sicuramente differenti. Il rischio di scontentare la community dei fan c’era comunque, ma questo non rappresentava un deterrente alla volontà dei team di sviluppo, sempre alla ricerca di quel guizzo artistico che rendesse indimenticabile il videogioco sul quale erano al lavoro. E di scelte estetiche e artistiche interessanti, anche coraggiose per certi versi, tra questi sette videogiochi ce ne sono state un bel po’.


PHOTO CREDIT: Gradius Origins, Konami


I VIDEOGIOCHI D’ALTRI TEMPI ANCHE PER LE NUOVE GENERAZIONI

Quando si parla di sparatutto a scorrimento orizzontale si tira in ballo la storia dei videogiochi. È da qui che si è partiti, con le opportunità (in termini di gameplay) che gli elementi della bidimensionalità mettevano a disposizione degli sviluppatori prima dell’avvento del 3D. Ecco che quindi i personaggi – o le navicelle, nel caso specifico di Gradius Origins – si muovevano da destra verso sinistra all’interno dei livelli, con lo scopo di sconfiggere i nemici (accumulando punti per le classifiche) e, nel mentre, evitando i letali colpi che mettevano a repentaglio l’integrità dello scafo del velivolo (con conseguente game over).

Una vera impresa che necessitava di riflessi fulminei e capacità decisionale istantanea, soprattutto nelle fasi più concitate degli stage. Più semplice a dirsi che a farsi, considerando che ogni titoli aveva il proprio personalissimo parterre di antagonisti. Nemici che si differenziavano tanto sotto il profilo estetico (con conformazioni che li rendevano subito riconoscibili durante le partite) quanto sotto quello dei pattern d’attacco. Avversari che di fatto risultavano essere in sostanza “carne da cannone”, nell’attesa delle boss fight contro nemici mastodontici e che richiedevano sette (e più) camicie da sudare per riuscire a batterli.

Sfide d’altri tempi che richiedevano una pazienza che probabilmente oggi non si trova più in chi, nei videogiochi, cerca un’evasione che non faccia rima con frustrazione. E in Gradius Origins gli addetti ai lavori hanno pensato anche a questo, considerando le semplificazioni a cui si può accedere a propria discrezione e piacimento.

All’avvio di ogni gioco si può scegliere infatti a quale delle differenti versioni approcciare tra quelle rese disponibili nel tempo per i diversi mercati mondiali (ognuna con le proprie peculiarità). Al contempo si può selezionare anche una modalità facile, che riduce la hitbox della propria navicella (la superficie colpibile dai colpi nemici) rispetto all’originale. Qualcosa che rende meno soggetti a colpi casuali dettati da un calo d’attenzione nelle fasi concitate. E se questo non dovesse bastare c’è la modalità Invincibile (che conta solo i colpi subiti, senza che questi mandino in frantumi la navicella) e la possibilità di “riavvolgere” il nastro in una sorta di rewind che ci riporta indietro a prima che si verificasse l’eventuale patatrac.

Insomma Gradius Origins è una grande opportunità per tanti giocatori anche molto diversi tra loro. Per chi cerca la sfida estrema che solo i videogiochi d’altri tempi sanno dare, e per chi invece vuole accrescere la propria cultura in materia di grandi classici attingendo a uno dei capisaldi del medium videoludico.


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