Il voto “fuori dal comune”: 60mila fuorisede per la prima volta alle urne
Una partecipazione che interroga il futuro del voto in Italia. 60 mila schede per una richiesta di rappresentanza che non può più essere ignorata

Oltre il quorum mancato, il rimpallo di meriti e colpe delle diverse bandiere di partito, c’è un dato politico rimasto ai margini del dibattito: per la prima volta migliaia di fuorisede hanno potuto votare senza tornare a casa.
Uno spiraglio che era stato aperto, timidamente, alle scorse Europee con il voto degli studenti fuorisede. Questa volta, per il referendum abrogativo dell'8 e del 9 giugno, il diritto è stato esteso anche a chi lavora in un comune situato in una provincia diversa da quella di residenza e a chi si trova temporaneamente domiciliato in un’altra città a causa di cure mediche.
67.305 RICHIESTE DI VOTO FUORISEDE
Per votare da fuorisede bisognava fare domanda (entro il 4 maggio) al Comune della dimora temporanea, usando preferibilmente il modulo online. Bastava allegare un documento d’identità, la tessera elettorale e una prova che si era lì per studio, lavoro o salute. Su 67.305 elettori fuorisede che avevano fatto richiesta per votare lontano dalla propria residenza, si sono recati effettivamente alle urne in quasi 60.000 (l’88,7%). La maggior parte di loro lo ha fatto per motivi di studio (38.105), seguiti da chi era fuori sede per lavoro (28.430) e da una piccola parte per motivi di salute (770).
NUMERI IN CRESCITA MA ANCORA NON ESALTANTI
Numeri ancora piccoli rispetto a una platea potenziale di circa 5 milioni di studenti e lavoratori fuori sede in Italia. Ma in crescita: nel 2024, alle elezioni europee, erano state solo 24.000 le richieste. Più che raddoppiate in meno di un anno. In più il dato andrebbe messo in relazione con la scarsa affluenza nazionale (30,58%) e informazione generale che ha caratterizzato questo voto. Oltre a considerare che nel referendum più che nelle tornate politiche l’astensione è una scelta politica a tutti gli effetti.
DATI SULL’AFFLUENZA DEI FUORISEDE
Le sezioni speciali per il voto fuorisede sono state 51, distribuite in 12 città. La partecipazione è stata alta ovunque: mai sotto l’85%. A svettare è Trieste, con un sorprendente 92,75% di affluenza. Seguono Perugia (90,50%), Bologna (90,27%), Padova (90,25%) e Trento (90,31%).
Anche città più grandi come Torino (89,11%) e Milano (86,26%) hanno registrato percentuali elevate. Il dato più basso è quello di Roma, con un comunque significativo 85,43%.
IL TEST È SUPERATO. ORA IL VOTO FUORISEDE MERITA STABILITÀ
Se sulla prima sperimentazione i numeri del voto fuorisede erano stati ritenuti “non soddisfacenti”. Ora, con oltre 67.000 richieste e una partecipazione quasi tripla rispetto alla media nazionale, sarà difficile per la classe politica ignorare l’evidenza.
La sperimentazione del voto fuorisede ha funzionato, anzi ha evidenziato quanto sia urgente estendere stabilmente questa possibilità a tutte le elezioni. Non si tratta più di una misura tecnica, ma di una questione democratica.