10 gennaio 2022, ore 12:30 , agg. alle 20:19

È un leit motiv comune negli ultimi anni, nel mondo del calcio. Italiano e non.

"Le bandiere non esistono più".

Smentirlo è francamente difficile. Sono tanti i casi di giocatori che nel moderno mondo del pallone scelgono di lasciare un club a cui hanno dedicato anni, in cui hanno vissuto emozioni, per svariati motivi.

Soldi (non giriamoci intorno), stimoli, nuove competizioni. Motivazioni diverse che portano a un risultato unico: è difficile trovare ancora i Maldini, i Totti, i Del Piero. E neanche all'estero vedrete squadre con i Steve Gerrard, i Frank Lampard e compagnia.

Eppure, a una favola simile a quelle che vi abbiamo raccontato, ci stavamo credendo. O meglio, ci avevamo creduto.

Lorenzo il Magnifico

Lorenzo Insigne a Napoli era diventato re. Re nel vero senso del parola. È stato unico, l'unico. L'unico coccolato, dal pubblico. L'unico "bastonato", da allenatori e presidente. L'unico amato dopo Lui, dopo il grande Diego.


Lorenzo Insigne a Napoli era diventato Lorenzo Insigne. E il Napoli è diventato il Napoli anche per merito di Lorenzinho, che negli ultimi 18 anni ogni mattina si è svegliato con un solo intento: dare il massimo per la squadra della propria città.

I verbi sono al passato perché la favola di Lorenzo è finita. O meglio, è dichiaratamente destinata a finire. Il suo futuro è lontano dal caldo di Napoli, nel freddo di Toronto. Non poteva essere altrimenti: o azzurro a vita, o tutto l'opposto. Altro clima, altro continente, altro mondo.

Sarebbe complicato e forse persino superfluo dire perché sia finita. È fin troppo facile sbuffare e sbattere un po' le braccia perché è finita.

È un po' come nelle storie d'amore, il rimpianto perché c'è una fine non può battere l'intensità di quello che è stato. E Lorenzo a Napoli, per Napoli, è stato una bellezza.

E d'altronde, di questi tempi, non potevamo aspettarci di più.

In fondo, le bandiere non esistono più.