Italia campione del mondo 2006: il racconto di una notte d’estate, diventata leggenda
19 anni fa, gli azzurri di Claudio Lippi, erano sul tetto del mondo vincendo il quarto mondiale di calcio
9 luglio 2006. La notte in cui l’Italia si è fermata per volare. Una data scolpita nella storia. Chiunque ricorda dov’era e con chi era in quella serata d’estate. E chi non era nato, oggi, rivive quel momento attraverso le immagini diventate iconiche. Fabio Grosso e il rigore decisivo. L’attesa, l’ansia, la trepidazione. Poi il silenzio, un attimo sospeso lungo quanto tutto il mese vissuto aggrappati alla nazionale di quel mondiale. E poi la gioia smisurata e i festeggiamenti senza fine. Lacrime e sorrisi.

L’ITALIA INTERA AGGRAPPATA ALLA SPERANZA
Berlino. Una città lontana, ma quella sera il cuore di milioni di italiani batteva lì. L’Olimpia Stadium era il teatro, la maglia azzurra il simbolo, la speranza il motore. Era molto più di una finale.
Era riscatto, orgoglio, identità. Era l’Italia intera che si raccoglieva attorno a un pallone. Francia contro Italia. Zidane contro Cannavaro. Le ferite del passato ancora vive, le cicatrici di un'estate sporca di scandali nel nostro campionato. Ma quella squadra era diversa. Uniti, feroci, fratelli.
Gattuso che lottava come un guerriero, Buffon che sembrava avere le mani di Dio, Pirlo che toccava la palla come fosse seta. E poi lui, l’anima: Fabio Cannavaro. Capitano. Immenso. Il gol di Materazzi, il colpo di testa che ci ha svegliati dal primo incubo. L'espulsione di Zidane, il destino che si piega a favore di chi ha avuto il coraggio di non mollare. Poi i rigori, l’inferno. L’istante eterno in cui tutto si può perdere, o tutto si può scrivere. E alla fine, Grosso. Quella rincorsa. Quel tiro. Quella rete che si gonfia.
“Campioni del mondo! Campioni del mondo! Campioni del mondo!” La voce di Caressa che si spezza. Le ginocchia a terra. Gli abbracci. Le lacrime. Le piazze che esplodono, le bandiere che sventolano dai balconi, le strade invase da un popolo in festa. Quella notte l’Italia si è dimenticata di tutto, tranne che di essere una sola cosa: una nazione. È stata più di una coppa. È stato un grido collettivo di gioia, un respiro trattenuto per anni che finalmente usciva a pieni polmoni. Era l’Italia che, per una volta, si sentiva perfetta. E quella coppa, sollevata al cielo da Cannavaro, brilla ancora oggi