11 giugno 2025, ore 13:07 , agg. alle 13:29


La meglio gioventù continua a fare le valigie: perché i nostri talenti dicono addio all’Italia?
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LA MEGLIO GIOVENTÙ: VADA VIA DALL’ITALIA

La celebre scena di “La meglio gioventù” di Marco Tullio Giordana sintetizza al meglio l’aggiornamento del dossier di AlmaLaurea. Il “professorone” interpretato da Mario Schiano invita uno dei suoi migliori studenti (Luigi Lo Cascio) a lasciare il bel Paese: “L’Italia è un Paese da distruggere, un posto bello e inutile, destinato a morire” perché incapace di rinnovarsi “rimane tutto immobile, uguale, in mano ai dinosauri”.

Il film è del 2003 e amaramente possiamo affermare che a distanza di 22 anni alcuni processi peggiorano e non migliorano. Per parafrasare, adesso non c’è neanche bisogno del prof che consiglia al laureando di cercare fortuna altrove, ma è lo stesso studente che lascia l’Italia.

I CERVELLI IN FUGA NON HANNO NESSUNA VOGLIA DI TORNARE A CASA

La mobilità dei giovani è normale in un mondo sempre più interconnesso, ma è preoccupante che così pochi vogliano tornare. Più del 70% di chi è partito non pensa di rientrare.

Fino a qualche tempo si addossava la colpa al disallineamento tra domanda e offerta che intercorreva tra la formazione delle università e le richieste delle aziende; non solo i neolaureati sono pochi (siamo penultimi in Europa) ma per molti di loro non c’è mercato.

Adesso, anche se il matching avviene con più facilità, comunque le imprese italiane non sono capaci di attrarre i giovani laureati italiani. Accentuando ancora di più un vuoto di competenze che grava sulla loro produttività.

Ma perché? Proviamo a tracciare una serie di motivazioni che fanno chiarezza sul perché i nostri giovani sono così propensi a fare le valigie.

GRATIFICAZIONE E STIPENDI PIÙ ALTI

Il motivo è chiaro: all’estero si guadagna molto di più. Subito dopo la laurea lo stipendio medio è di 2.200 euro netti al mese, contro meno di 1.500 in Italia. Dopo un anno dal completamento del percorso di studi, la differenza cresce: 2.900 euro all’estero contro 1.800 in Italia. Un anno fa, circa un laureando magistrale su tre era disposto a lavorare per meno di 1.250 euro al mese; oggi il trend è cambiato: uno su quattro (26,2%).

PROSPETTIVE E COERENZA DEL PERCORSO

I settori più colpiti dalla fuga post laurea sono l'informatica, le scienze (fisica, chimica, biologia) e l’ingegneria (industriale, dell’informazione). Ma il vero problema è che in Italia, anche quei pochi spesso non trovano spazio. Quasi uno su tre, a un anno dalla laurea, fa un lavoro per cui il titolo non serve o usa solo in parte le competenze acquisite. Questo non riguarda più solo i laureati in discipline umanistiche, ma anche quelli in economia — e colpisce soprattutto le donne.

FUGA DEI CERVELLI: SIETE ANCORA SORPRESI?

Non stupisce quindi che molti scelgano di andarsene. E non si tratta di "cervelli in fuga" qualsiasi: sono spesso i più brillanti, quelli con voti alti e percorsi rapidi. Proprio quei profili che il mercato internazionale cerca per affrontare le sfide della globalizzazione. Un terzo se ne va dopo un'offerta concreta dall’estero, un altro terzo perché in Italia non trova opportunità all'altezza del proprio percorso. Una perdita grave per il Paese.

Per ritornare competitivi quantomeno nel panorama mondiale bisognerebbe ascoltare queste esigenze e adeguarsi per quanto possibile alle richieste, o per far tornare i cervelli in fuga (creando programmi di rientro con agevolazioni fiscali, contratti di ricerca, fondi per start-up per chi ha studiato o lavorato all’estero) o almeno trattenere i talenti che già abbiamo in serbo (adeguando gli stipendi dei neolaureati agli standard europei, soprattutto nei settori ad alta specializzazione).