06 settembre 2021, ore 15:00

Lo sport sa coinvolgere, emozionare. Con i risultati, sul campo, e con le storie dei protagonisti. I sacrifici vissuti sul percorso verso il successo rendono più vicini quei supereroi che vediamo alzare coppe e vincere medaglie.
Una delle storie più coinvolgenti che ci lasciano le Paraolimpiadi di Tokyo è quella di Monica Graziana Contrafatto. Ed è riassunta nelle sue parole dopo il bronzo conquistato nei 100 metri femminili T63.
Dedico la mia medaglia all’Afghanistan, il Paese che mi ha tolto qualcosa ma che mi ha dato anche tanto”. Parole dense di significato. Era il 24 marzo 2012 quando Monica si trovava nella base italiana nella città afghana di Farah. Un colpo di mortaio causò un morto e 5 feriti tra i quali anche lei, ai tempi caporal maggiore dei bersaglieri.
Un colpo durissimo, di quelli che ti cambiano la vita. Monica perse la gamba destra, ma non la grinta, la determinazione.
Bloccata in ospedale, vide per la prima volta delle donne amputate correre alla Paralimpiadi. E nacque una promessa nella sua testa, una sfida con se stessa. “Parteciperò ai Giochi di Rio 2016”. E una persona con il suo carattere, quando si dà un obiettivo, lo raggiunge.
In Brasile nel 2016 porta alti i colori azzurri. E conquista il bronzo, nei 100 metri femminili, la sua "nuova" specialità. Nel 2021, a Tokyo, a 40 anni, Monica è sempre lì. Con la stessa grinta che l’aveva accompagnata a Rio e in tutta la sua vita, tra sofferenze e gioie, cadute e risalite.



È bronzo anche nelle Paralimpiadi giapponesi, con un miglioramento nel tempo impressionante. È un podio storico per lo sport italiano, perché la festa azzurra è completata dall’oro – con record – di Ambra Sabatini, 19enne di Livorno, e dall’argento di Martina Caironi, 31enne di Bergamo. È una festa tutta italiana, tutta al femminile, di tre atlete, amiche, che si trovano insieme nel punto più alto del mondo.
E da lì, con i riflettori puntati (anche) su di lei, Monica Contrafatto lancia il suo messaggio. Una dedica speciale, un po’ spiazzante, che racconta però molto, di lei e del suo percorso.
La storia della 40enne siciliana, nata a Gela il 9 marzo 1981, è un esempio. Di come le difficoltà a volte sappiano regalare nuovi percorsi. Di come buttarsi giù non abbia lo stesso fascino, né lo stesso valore, del ripartire, riprovarci. La sua biografia - che siamo sicuri regalerà altri capitoli emozionanti – insegna come non esistano scuse per gettare la spugna. Ogni nuova partenza può portarci ovunque, basta volerlo, basta non perdersi d’animo. Magari avendo anche un briciolo di sana follia e irriverenza nel mettersi alla prova. La paura di fallire è concessa, quella di provarci un po’ meno.