Ci sono videogiochi che, più di altri, hanno lasciato un segno indelebile nell’industria e nel cuore dei videogiocatori. Storie i cui echi risuonano ancora oggi, a distanza di decenni, suscitando una legittima e fisiologica curiosità anche tra i videogiocatori di nuova generazione.
Ecco che quindi le iniziative di remaster o remake di alcuni giochi assumono un loro specifico peso nell’economia delle uscite. Una strada percorsa da sviluppatori e produttori per tramandare l’eredità di franchise iconici.
Qualcosa che proprio negli ultimi giorni è avvenuto con “Metal Gear Solid Delta: Snake Eater”, remake per PS5, Xbox Series X/S e PC dello storico terzo capitolo della saga che approdò su PS2 nel 2005. Un vero e proprio tuffo nei ricordi per chi quel momento l’ha vissuto. Oltre che un ottimo strumento, per le nuove generazioni, per conoscere a fondo un genio del calibro di Hideo Kojima, tornato sotto i riflettori negli ultimi anni con Death Stranding e Death Stranding 2.
METAL GEAR SOLID DELTA: SNAKE EATER, VENT’ANNI E NON SENTIRLI
Ritrovare sugli scaffali, a vent’anni di distanza, Metal Gear Solid Delta: Snake Eater (che in origine vedeva un “3” sostituirsi al “Delta” del titolo) fa sicuramente un certo effetto. In prima istanza per la questione cronologica (sono passati vent’anni? Chi l’ha permesso? ndr). In seconda battuta per il peso specifico della produzione, meritevole di una nuova esposizione mediatica e, soprattutto, di una ri-lavorazione che, con l’ausilio delle tecnologie di nuova generazione, gli donasse una impalcatura tecnica nuova e scintillante.
C’è da dire che, già a suo tempo, Snake Eater trasudava un fascino importante, così come anche i capitoli che lo hanno preceduto negli anni addietro. Era dunque ipotizzabile che fosse uno di quegli amori rari che fanno dei giri immensi e poi ritornano.
Ed è un ritorno che riporta sugli schermi inalterata la storia che ha fatto la fortuna del terzo capitolo della saga di Metal Gear Solid. Senza scendere troppo nei dettagli (a distanza di vent’anni dall’uscita è anche superfluo) basti avere i connotati sommari delle narrazioni: anni ’60, Guerra Fredda in corso e spy-story come la migliore tradizione a là James Bond ci ha tramandato nel corso dei decenni. In un videogioco dal taglio fortemente cinematografico. Il tutto con il collante rappresentato da scelte tecniche di gameplay avanguardistiche (per i primi anni del duemila) e una trama studiata in ogni singolo dettaglio. Un affresco complessivo che, ancora oggi, risulta essere un punto di riferimento per l’industria videoludica.
Ritrovare quindi su schermo i vari Snake, Big Boss e compagnia – personaggi intorno ai quali si sviluppano gli eventi della storia – fa sicuramente specie. A maggior ragione in virtù dei sostanziali e sostanziosi passi in avanti sul fronte tecnologico. Ma su questo ci arriveremo tra pochissimo.