C'erano una volta i rhythm game, quei videogiochi il cui gameplay viveva in totale simbiosi con la musica e con la capacità di "tenere il tempo". Un’epoca gloriosa quella che, nella prima decade del nuovo millennio, ha visto tanti esponenti di primissimo piano dettare il passo. Pardon, il tempo.
Erano gli anni ruggenti di “Guitar Hero” e “Rockband”, e prima ancora di “Space Channel 5” e “Parappa The Rapper”. Frangenti in cui si prendeva il pad e ci si confrontava dapprima con la console e poi contro se stessi, nel tentativo di infrangere record su record.
All’interno di questo panorama videoludico specifico si faceva strada sugli scaffali (e nei cuori dei videogiocatori) un franchise dal gameplay molto particolare, che rispondeva al nome di “Patapon”. Arrivato tra il 2007 e il 2008 (con uscite diversificate per i differenti mercati, quello nipponico, quello americano, quello europeo e quello oceanico), trovo su PSP (la Playstation Portatile) il suo naturale ecosistema. Un gioco in cui tutto quello che contava era seguire il giusto ritmo per permettere al proprio esercito (“Ma come, hai detto esercito??” Calma, ci arriveremo! ndr) di ottenere l’agognato successo.
E si diceva per l’appunto franchise perché al primo e storico capitolo ne seguì un altro, che arrivò dalle nostre parti nel mese di marzo del 2009, e infine un terzo due anni dopo, nel 2011. Piccole, grandi perle dove il game design brillava di luce propria e arricchiva un firmamento videoludico in cui le logiche di mercato permettevano ancora una discreta dose di sperimentazione. Qualcosa che andava appannaggio di una community di videogiocatori che si vedeva così foraggiata con una certa frequenza di idee sempre nuove e stuzzicanti.
PATAPON 1+2, IL RITORNO DI UN CLASSICO DI NUOVA GENERAZIONE
Passano gli anni, e di sperimentazione se ne vede fisiologicamente meno. Gli errori di valutazione non sono più permessi, considerando i costi che gli editori devono sostenere per permettere a un videogioco di vedere la luce. Servono idee vincenti, e allora perché non motivare i possibili futuri addetti ai lavori (i più giovani che magari oggi sono dal lato di chi i videogiochi li consuma) proponendo loro titoli in grado di stuzzicarne l’inventiva? Produzione che hanno fatto la storia nel proprio genere di riferimento e che vedono nuovamente la luce in chiave rivista e corretta.
L’arrivo sugli scaffali di “Patapon 1+2 Replay” va evidentemente a rispondere a una duplice esigenza. Da un lato quella di rispolverare in un sol colpo due videogiochi che sono divenuti iconici e hanno segnato un’era. Dall’altro quella di solleticare il palato di una community di videogiocatori ormai sempre più orientata verso generi videoludici ben codificati.
Non di soli titoli sportivi, racing game e sparatutto vive l’utenza che affolla le diverse piattaforme di gioco, e Patapon 1+2 Replay mira a ricordarlo. Due videogiochi che alla loro uscita, quasi vent’anni fa, evidenziarono il talento e le capacità visionarie di Pyramid e SCE Japan Studio. Ma come hanno pesato sul groppone del franchise tutti questi anni? Saranno usciti indenni dal confronto impietoso con l’incedere del tempo?