07 ottobre 2021, ore 12:30

Un fenomeno mai visto prima

E’ indubbiamente il fenomeno del momento. Al primo posto nella top 10 di Netflix delle serie più viste dell’ultimo mese, definita dallo stesso CEO Ted Sarandos come “la serie della piattaforma streaming potenzialmente più popolare di sempre”. Insomma, la serie sudcoreana Squid Game potrebbe seriamente superare il successo della Casa di Carta e Bridgerton, entrambi tra i titoli più acclamati degli ultimi anni.

Addirittura in Corea del sud, paese d’origine della serie, il numero di spettatori è stato così alto che la SK Broadband, la società tra i maggiori fornitori di accesso a Internet a banda larga del paese, ha deciso di citare in giudizio Netflix per l’aumento elevato di traffico dati, con l’obiettivo di obbligare il colosso dello streaming a pagare delle tariffe per l’uso del traffico di rete.

Di cosa si tratta?

Prima di recensire la serie e indagare quali potrebbero essere i segreti dietro al successo planetario, partiamo raccontando in breve la trama dei 9 episodi.

Siamo in Corea del Sud. 456 persone provenienti dal sottoproletariato in gravi difficoltà economiche accettano di partecipare ad un gioco mortale, per intrattenere dei potenti uomini d'affari. Gareggiando in una serie di sei tradizionali giochi per bambini ma con colpi di scena mortali, mettono a rischio la propria vita per vincere un premio di 45600000000 ₩.

La recensione di Squid Game

Innanzitutto occorre fare una grande premessa: Squid Game, come abbiamo specificato prima, è un prodotto di matrice sudcoreana che quindi possiede degli stilemi narrativi diversi da quelli occidentali. Siamo di fronte ad una cinematografia che è tradizionalmente più abituata a ritmi più dilatati rispetto a noi, che invece tendiamo ad avere narrazioni più serrate, prive di tempi morti o momenti di sospensione. Quindi lo spettatore che si approccia alla visione di questa serie deve tenere conto di questa specifica, senza bollarla come un difetto ma provando semplicemente a ricondurre il tutto al contesto culturale del paese di origine.

Questo per dire che esistono, all’interno di questa storia raccontata in 9 episodi, intere sequenze e interi episodi in cui si ha la sensazione che non stia succedendo nulla di rilevante e quindi di totalmente inutile. Ma non è così!

Con questo non vogliamo dire che sia una serie perfetta e priva di difetti, anzi! Spesso e volentieri ci sono degli snodi narrativi un po' scontati e comunque ridondanti. Ma ci sono anche delle intuizioni di regia e messa in scena di tutto rispetto e degli interi episodi che senza mezze misure ci sentiamo di definire degli autentici capolavori (ad esempio il numero 6 e il numero 7).

Un’altra nota molto interessante è l’uso sapiente della suspance che riesce a coinvolgere lo spettatore dall’inizio alla fine e che probabilmente è uno dei motivi dell’enorme successo che sta riscuotendo in tutto il mondo.

Insomma, a nostro parere Squid Game è una serie che vale la pena vedere anche solo per la regia e la fotografia che sono veramente memorabili.

Per altro, la Corea non è nuova a finire sotto riflettori della cinematografia: basti pensare al premio Oscar 2020 per il miglior film a Parasite, diretto da Bong Joon-ho, che ha letteralmente spopolato segnando di fatto la storia del cinema contemporaneo, e Minari, film diretto da Lee Isaac Chung uscito in primavera nelle sale che, nonostante sia una coproduzione Americana, vanta tutti gli stilemi del cinema orientale coreano. 

Si parla già di una seconda stagione!

In un’intervista rilasciata al Times, Dong-hyuk ha fatto intendere che ci sarà assolutamente una seconda stagione di Squid Game e che vorrebbe esplorare “il problema con gli agenti di polizia”. I potenziali nuovi episodi si concentrerebbero probabilmente sul fatto che il personaggio di Frontman sia un ex ufficiale di polizia, e su come questo abbia portato al suo ruolo nella prima stagione.